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Insegnare prima la tecnica o la tattica?


In questo articolo tratterò i due argomenti sui quali ruotano maggiormente le discussioni e le scelte programmatiche degli addetti ai lavori.

Entreremo nella sfera più profonda delle mie strategie didattiche e ti guiderò a trovare quelle risposte che stavi cercando da tempo.

Sai bene quanto sia complessa una progressione didattica che dia una linea comune a tutti i settori formativi, dall’avviamento fino ad alti livelli, ed è tutto riconducibile ad un’unica filosofia, anche se con mezzi di allenamento diversi.

L’obiettivo di oggi è chiarirti le idee su quali priorità e quale ordine dovrà seguire l’atleta, per esprimere il suo massimo potenziale.

Parlerò degli aspetti tangibili, quelli relativi al tennis giocato per intenderci, e lo farò con l’occhio critico di chi vuole migliorarne la loro produttività.

Sono sistemi di allenamento che hanno portato benefici alla mia attività professionale e ti potranno aiutare nel definire alcuni punti chiave. 

Mi piace immaginare il percorso dell’allievo come una lunga strada, ma senza buche. Non perché non vi siano, ma perché sarà l’Allenatore a chiuderle prima del suo passaggio.

Pronto a camminare? Si parte!

Cosa intendiamo quando parliamo di tecnica e tattica applicata al tennis?

Mi piace molto la semplicità, perché si capisce tutto molto più rapidamente.

Ad esempio, se il giocatore vuole implementare qualcosa di tecnico, di qualsiasi tipo, dovrà concentrarsi sul come farlo, quale movenza effettuare, con quale ordine sequenziale, quanta energia utilizzare.

Mettiamo il caso di un diritto nel quale si stia concentrando a stendere il braccio racchetta durante la preparazione.

Ecco, questo è qualcosa di tecnico, sta allenando la tecnica.

Sta pensando a come muovere il suo corpo in quel particolare gesto.

Se giocasse quello stesso diritto pensando a tutt’altro, non allena la tecnica. Il colpo potrà ugualmente riuscirgli bene, ma solo se parte del suo bagaglio, quindi già automatizzato.

Questo non può accedere nel caso il colpo sia ancora in fase evolutiva: oggi lo fa bene, domani lo fa male, non è ancora suo, sente che deve pensare a quella sfaccettatura del movimento, altrimenti non viene.

Mi stai dicendo che la tecnica è di vitale importanza, ok però il tennis è uno sport dove è l’interpretazione della situazione ad avere la rilevanza maggiore! Come può imparare a memoria un movimento se poi il gioco lo porterà a colpire la palla sempre in punti diversi del campo, con l’aggiunta dell’imprevedibilità dell’avversario?

Tutte considerazioni vere ma… fidati, se il tuo allievo non possiede dei solidi prerequisiti tecnici avrà molte complicazioni, e se mi seguirai fino in fondo scoprirai il motivo.

Focalizziamo ora l’attenzione sulla tattica, ovvero sulle scelte che potrà esercitare il giocatore nelle sue azioni.

Prima di colpire, fissa un obiettivo e si interroga su cosa voglia ottenere.

È un’elaborazione molto rapida che dura poche frazioni di secondo: colpo lungolinea oppure incrociato, alto in top spin oppure radente alla rete e piatto.

Queste decisioni dovranno chiaramente essere ponderate e motivate, deve ipotizzare come, quella giocata specifica, possa creare un vantaggio sull’avversario, o comunque che quest’ultimo non prenda il sopravvento nello scambio.

Quindi in pratica, quand’è che il giocatore lavora sulla tattica?

Ogni volta che, attraverso una scelta, prova a semplificare il processo di acquisizione del punto.

Esempio che rende l’idea: si trova dentro al campo, palla comoda, pronto a “far male” all’avversario. Sceglie di giocare una palla intermedia al centro e torna dietro la linea di fondo campo.

Questa è senza dubbio una scelta, ma una scelta pessima!

Con una giocata così inefficiente passerà da una condizione di predominio sull’avversario ad una dove invece sarà lui ad avere la possibilità di colpire comodamente, senza effettuare spostamenti e con una voragine incustodita davanti a sé, per concludere il punto.

Ovvio, perché il tuo allievo non riuscirà a tornare nella posizione di difesa del campo e gli sarà impossibile intercettare il colpo avversario.

Per vincere il punto dovrà comportarsi in un altro modo, ora ti spiego quale.

Se si trova dentro la linea di fondo a colpire significa che vedrà il campo più libero e anche più largo, quindi con più angolazioni possibili.

E sai una cosa? Insieme a tutti questi vantaggi elencati, l’avversario avrà pochissimo tempo a disposizione per dirigersi verso la palla. Chiaramente il colpo dovrà essere vincente e quindi collegato a precisi requisiti tecnici.

Agendo in questo modo, il tragitto della pallina sarà minore e inoltre la traiettoria sarà dritta e quindi più immediata, la palla batterà prima a terra e lo farà con potenza ed intensità, quindi l’avversario non arriverà in tempo per colpire.

Molto bene! Credo che la tua curiosità sia stata soddisfatta, hai appreso cosa significhi allenare la tecnica e la tattica ed è già un ottimo risultato, ma c’è ancora tanto da sapere per completare questo argomento.

Mi riferisco ad un aspetto che merita particolare attenzione e fa tutta la differenza del mondo: la strategia di gioco.

È ciò che va a chiudere il cerchio del giocatore vincente, e come sempre, le parti che vanno a completare qualcosa, sono le più rare e le più determinanti.

Per lavorare in questo senso, l’atleta è costretto a cambiare rotta, non guardando più solamente cosa accade dentro di sé.

Ora sa come colpire la pallina, conosce le geometrie del campo, ma non basta: deve osservare l’avversario, capirne le carenze ed evidenziarle attraverso le proprie qualità, lo deve smascherare… e fargli perdere più punti possibili.

Lo so, è uno sport crudele, ma leale. Si lotta, si cercano soluzioni, c’è tanto della vita di ognuno di noi dentro al campo.

Ora si entra nel vivo, parleremo di metodologia. Il tema è elettrizzante, quindi non fare assolutamente nulla, rimani incollato alla poltrona e proseguiamo.

Con quale ordine inseriamo tecnica e tattica in un sistema di allenamento?

Dopo anni e anni sul campo da tennis, prima da giocatore e poi da insegnante, ho ideato una mia filosofia.

Credo poco alla teoria “Impegnati e otterrai ottimi risultati”. Cioè, mi può stare anche bene, ma poi c’è ben altro dietro ai risultati, c’è progettualità, c’è un metodo.

Provate a pensare dietro alla parola “impegno” quante variabili ci possano essere. Mi impegno a fare cosa? Indotto da me stesso oppure suggerito da qualcuno?

Ho davanti tanti piccoli bivi, ed è meglio prendere subito il sentiero giusto.

È evidente quanto il Coach sia determinante per dare vita a questo cammino, fatto di attenzione e consapevolezza.

Immaginiamo la costruzione di un giocatore a partire dalle profonde radici, e andiamo a definire gli aspetti sui quali lavorare prima e dopo.

Sicuramente devo scegliere tra due grandi, immensi contenitori: la tecnica e la tattica.

Attenzione! La scelta di una non esclude l’altra, perché viaggiano insieme e collaborano tra loro, sinergicamente.

Proviamo ad intenderla in questo modo: se sono in grado di fare molto bene una delle due, poi avrò maggiore padronanza nel fare l’altra. È tutto collegato.

Per me la tecnica è l’epicentro, da lì parte tutto. Se ho consolidati strumenti tecnici posso adottare soluzioni tattiche.

È una bellissima sensazione essere sicuri nel fare determinati gesti, avere la padronanza delle azioni del tuo corpo. Poi da lì, metti in mostra il tuo ragionamento, le tue idee, la tua fantasia.

Ogni settore formativo ha le sue peculiarità ed i procedimenti variano notevolmente.

Adesso ipotizziamo di essere in una fase iniziale, ovvero nel perfezionamento.

In questo contesto cercherò un intreccio costante tra tecnica e tattica, dato che le mansioni da svolgere sul campo sono tante e tutte diverse tra loro.

Il mio compito sarà, nel più breve tempo possibile, quello di fornire una panoramica generale su quello che potrà succedere nelle azioni di gioco.

Ad esempio: se in una fase centrale di una seduta, per dieci minuti faccio eseguire un esercizio a cesto sul diritto, per i dieci minuti successivi faccio fare un palleggio di diritto o una qualsiasi altra forma di interattività tra allievi, andando a stabilizzare quanto appreso, per poi introdurre delle situazioni aperte che diano opportunità di scelta.

Nei casi in cui voglia dedicare più spazio alle azioni di gioco, alterno stazioni in palleggio di carattere tattico a fasi a cesto orientate su rapidità e coordinazione.

Ogni giorno di allenamento seguirò questa impostazione del lavoro, attuando una progressione per gradi di difficoltà.

Ok Stefano, ma se l’allievo fatica ad assimilare un determinato gesto, come ti comporti? Vai avanti con il programma?

Certo, andrò avanti ma guarderò sempre a ciò che ancora non è stato ottimizzato e passo dopo passo cercherò di colmare il gap rispetto agli altri colpi.

Prosegue l’allenamento alla gestione tattica, prosegue lo studio dei requisiti tecnici ma devo evitare l’insorgere dei difetti, che poi limiterebbero fortemente il rendimento dell’atleta.

È indispensabile partire già alla fonte con un buon asset tecnico, se così non fosse, e magari ribaltassi le priorità, forse arriverei anche ad un miglioramento dell’allievo, ma sarebbe una soluzione di scorta, di emergenza, dentro la quale non tarderebbero ad affiorare problemi.

Ipotizziamo il ragazzino, ormai quattordicenne, che nel corso del suo percorso formativo ha evidenziato carenze sul rovescio bimane.

Problema bypassato perché ha lavorato prevalentemente sui colpi a lui più congeniali e sui suoi schemi tattici, ora però, nelle sue situazioni di gioco, è spesso chiamato a sostenere scambi sul rovescio diagonale, è sotto pressione e quindi necessita di una buona padronanza del colpo.

È molto duttile tatticamente, conosce questo sport, legge bene le situazioni, quindi in teoria, davanti a lui si dovrebbe aprire un ventaglio di ghiotte opportunità.

Idealmente è in grado di sviluppare buone geometrie, ma all’atto pratico, molte insidie lo metteranno a dura prova.

Ha le competenze tecniche per operare queste scelte?

Il suo rovescio è stato allenato per essere stabile anche in condizioni avverse?

Vedi, senza volere stiamo arrivando a quanto, questo arrangiamento iniziale, abbia poi portato complicazioni.

A quel punto, l’unica via sarà considerare il piano due, ossia non curarsi della lacuna ormai sedimentata e versare tutte le aspettative sui punti di forza, escogitando schemi che portino a utilizzare quasi totalmente quei colpi, evitando i vulnerabili.

Ottima idea, e di sicuro risolve tanto, ma a volte può non bastare.

Ci sarà un avversario che avrà molta voglia di semplificarsi la vita ottenendo punti facili dai suoi errori gratuiti.

Se si è bravi a coprire i propri difetti, gli errori non arriveranno ed emergeranno solo i pregi, ma non è sempre così.

Quando penso alla gestione didattica di un aspirante giocatore, mi viene in mente il principio della ruota di scorta di un’auto, che può compiere un piccolo tragitto ma poi va sostituita: se il viaggio diventa lungo perde la sua funzionalità.

Qui è la stessa cosa, il viaggio è il susseguirsi dei tornei e l’auto è il suo bagaglio tecnico, è il mezzo che utilizzerà per questo lungo percorso.

Deve avere tutte le parti ben strutturate, deve essere un’auto solida ed equipaggiata.

Concludendo, mi piace sintetizzare il tutto dicendo che “Un’ottima tecnica ci permette di gestire al meglio le situazioni tattiche”.

Ora si, che siamo arrivati al nostro punto di arrivo!

Anche l’ultimo tassello è stato completato e mi auguro possa essere un concreto spunto nello svolgimento dei tuoi programmi.

A presto!

Stefano

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